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Avv. Nicolò de Marco. Bari. 27/09/2006

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AVVOCATO NO GLOBAL

Caro Direttore le dipingo lo scenario sull'avvocatura italiana fra qualche anno, secondo le linee "di ammodernamento" derivanti dal Decreto Bersani con la paventata riforma, mediante eliminazione dell'ordine professionale, eliminazione tariffe e patto di quota-lite. L'avvocato, non diversamente da una società commerciale, non è più soggetto a regole deontologiche ed etiche, ma ad una certificazione di qualità (che qualche studio all'americana già ha richiesto) secondo cui in base al possesso di certi requisiti - reclamizzati da simpatici spot pubblicitari- egli potrà esercitare o ottenere importanti incarichi, anche, come si sta profilando, mediante partecipazione a gare di appalto di "servizi legali". Per forza di cose, e per non sparire dal mercato, gli avvocati sono costretti ad associarsi in grandi ed enormi studi, con centinaia, se non migliaia di avvocati, dislocati in tutto il territorio nazionale -o anche all'estero-  ove invero i soci titolari e soci capitalisti curano le pubbliche relazioni, procacciandosi gli incarichi, altri avvocati -che preparano gli atti- sono in realtà dei meri "dipendenti", che fanno la gavetta nella speranza di divenire prima o poi "soci", e quindi partecipare all'utile della società. Una vera e propria "globalizzazione" degli avvocati. Se non ti associ, non raggiungi i requisiti di qualità, non hai pubblicità, né la puoi fare, in pratica non sei nessuno, nessuno ti conosce. Il rapporto con il cliente è del tutto spersonalizzato. Il cliente non sa chi si occuperà della pratica, affidata allo società-studio legale. Le tariffe, ovviamente, non esistono né al minimo, ma nemmeno al massimo: con il patto di quota-lite (percentuale sulla somma o bene ottenuto giudizialmente) al cliente, come succede negli Usa,  spetta molto meno della metà della somma riconosciuta (30%), mentre lo studio-società si assume le spese del giudizio ed il rischio di perdere la causa, se vince ha diritto alla somma pattuita (in genere circa il 70%). Se il cliente non accetta questa ripartizione, dovrà cercare un altro studio legale che accetta una percentuale minore; ma non sarà un "grande studio" e quindi avrà più possibilità di perdere la causa. Il giovane avvocato, che secondo il Ministro Bersani dovrebbe avvantaggiarsi da questo sistema, in realtà dovrà tramite colloqui, curriculum e via dicendo andare a pietire a dette società-studio di essere assunto, ovviamente non come socio, con grave handicap nella professione, trovandosi prima di lui forse centinaia di giovani e meno giovani colleghi che cercano di scalare la gerarchia dello studio-società, per divenire "socio".  Il giovane avvocato, come qualunque avvocato, anche anziano, che tenti da solo -senza associarsi- l'avventura di avviare uno studio, è destinato a sparire dal mercato, anche se applica la tariffa zero. Gli studi degli avvocati, come le banche nell'epoca della globalizzazione, sono costretti ad agglomerarsi, a fondersi per poter rimanere sul mercato e competere con gli altri. È questo quello che vuole il Ministro Bersani? L'Avvocatura in Italia, ed il valore che ad essa appartiene, sia in termini etici, ma anche economici (si pensi a tutte le segretarie ed addetti cui danno lavoro, nonché a tutto l'indotto, tutto perso in caso di  "globalizzazione") non è né di destra, né di sinistra: se la si vuole modernizzare, come è giusto che sia, lo si deve fare razionalmente, affrontando i veri problemi e non già con una globalizzazione-americanizzazione selvaggia e imposta con decreto-legge e fiducia, atteggiamento degno di un regime totalitario, non certo di un governo "democratico" di centro sinistra. L'atteggiamento del Ministro Bersani, che pure reputo una persona ragionevole e forse animato da sincero spirito innovatore, però è sembrato -oltre che di chiusura ad oltranza sull'argomento- di grande impreparazione ed improvvisazione sull'argomento, senza che abbia minimamente approfondito in che realtà egli cala dall'alto del suo Ministero le riforme anzidette. Non ci si venga a dire che non vi è concorrenza tra gli avvocati, in Italia sono più che in ogni parte del mondo. Mi sono chiesto, poi, se il Ministro Bersani, allorquando ha ritenuto che, per favorire i giovani, andassero abolite le tariffe minime, abbia dato un'occhiata a dette tariffe. Nel minimo esse sono così basse, soprattutto in relazione al valore della causa, che rappresentano già un valore increscioso ed assolutamente non dignitoso per qualsiasi professionista anche il più giovane. Autorizzando la diminuzione di tali tariffe Egli non ha favorito i giovani avvocati, ma li ha decisamente danneggiati. Ma, alla fine, quello che mi sento di contestare dal più profondo è la volontà di scopiazzare i sistemi anglo-sassoni, non tenendo conto che, indipendentemente dagli avvocati e dall'Avvocatura, è la stessa società in cui viviamo che non accetta la figura dell'avvocato spersonalizzato come in America. Qui, soprattutto nel nostro Meridione, ma anche in importanti studi romani e milanesi, -atteso che in Italia abbiamo principalmente piccole e medie imprese di carattere familiare- il rapporto con il cliente è fiduciario, all'Avvocato si dice tutto: è quasi un confessore, un amico; ho notato che il cliente, a volte si fida prima di tutto per questo, e non solo per la preparazione. Se un avvocato è un amico, se non è in grado di seguirti, ti dice lui a chi rivolgerti, ad un altro amico più preparato. Le tariffe già da tempo hanno valore relativo, sia che vinci, sia che perdi una causa, salvo che si litighi. Come facciamo a dire al Ministro Bersani che qui c'è gente, come mi raccontano i Colleghi di provincia, che ti paga ancora in natura, con capponi e frutta, altro che tariffe. Tuttavia si tratta di gente sincera, che ritiene così di aver largamente adempiuto ai suoi oneri. Le riforme volute dal Ministro Bersani, viceversa, sembrano tener conto solo di quel mondo commerciale-internazionale-affaristico-capitalistico dove circolano milioni-miliardi di euro. Epperò è forse utile ricordare che la stragrande maggioranza degli avvocati non ha sfortunatamente quella clientela. Non mi risulta, eppure frequento anche le magistrature superiori, che addirittura importiamo avvocati dall'Estero. Vedo invece che avviene il contrario, ovvero che avvocati stranieri si rivolgono ad avvocati italiani quando devono adire una Corte italiana. Perché, invece, il Ministro Bersani e quello della Giustizia non pensano, per aiutare i giovani, a finanziare ad esempio corsi di formazione all'interno di studi legali (che sono l'unico posto dove veramente si impara la professione), cosicché essi siano accolti senza oneri e senza sfruttamento in detti studi? Devo invece rilevare che detto decreto Bersani, viceversa, favorisce solo i grandi studi all'americana, alla top legal, e soprattutto ne avranno giovamento solo i "soci" titolari, mentre gli altri sono destinati ad essere comparsisti a vita, costretti ad accontentarsi delle briciole, poiché anche se vinceranno una causa gli utili andranno ai "soci" e non certo al giovane avvocato.  Così come devo rilevare che nessun vantaggio ha il "consumatore", nuovo soggetto dominatore del mercato e delle simpatie politiche. Per gli avvocati, però, il consumatore del servizio legale è pur sempre il cliente, il quale non se ne importa molto delle tariffe: vuole vincere la causa e per questo è disposto a pagare. Il problema è che non è dignitoso non essere pagati quando si perde una causa e può venir meno il rapporto fiduciario: è li che servono i minimi. Abolirli è un errore per tutti. Non ho visto peraltro i "consumatori" protestare per l'aumento ingiustificato nel decreto Bersani ad ? 500,00 di iscrizione a ruolo per ogni causa quale che sia dinanzi al Tar: sicché se devo impugnare una sanzione edilizia di ? 200,00 devo però prima versare il tributo di ? 500,00. E' possibile? E' così che si avvantaggiano i consumatori?Non mi pare. Conclusivamente non avrei mai pensato di aderire alle ideologie "no global", ma tant'è e invito i Colleghi avvocati a farsi promotori di questa nuova tendenza.

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