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Il decreto Qualifiche è una forzatura

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Il Consiglio nazionale dei Dottori commercialisti e degli esperti contabili conferma il suo no

Un profondo dissenso tecnico-giuridico prima ancora che politico nei confronti del Dlgs 206/2007 e del decreto interministeriale Giustizia, Politiche europee approvato in sua diretta attuazione, relativo al riconoscimento delle qualifiche professionali all'interno della Ue. Lo ha espresso il segretario del Consiglio nazionale dei Dottori commercialisti e degli esperti contabili, Giorgio Sganga, in un incontro svoltosi presso il ministero della Giustizia, in occasione della consegna di un dettagliato documento redatto dalla categoria sulla materia. 'Siamo di fronte a una palese forzatura del disposto e della ratio della direttiva 36/2005/Ce, consumatasi con il decreto legislativo di attuazione e perfezionatasi con il decreto interministeriale - sostiene Sganga - la direttiva 36/2005/Ce ha previsto che gli Stati membri o le 'associazioni o organismi professionali a livello nazionale ed europeo possono proporre alla Commissione Europea la costituzione di 'piattaforme comuni', il cui obiettivo è quello di colmare le differenze di regolamentazione delle professioni nei diversi Paesi comunitari, al fine di facilitare il riconoscimento reciproco di qualifiche professionali nell'ambito dell'Unione. Dal disposto della direttiva – continua Sganga - si evince con assoluta chiarezza che essa è volta a disciplinare il riconoscimento reciproco, tra diversi paesi comunitari, delle qualifiche professionali che consentono l'accesso e l'esercizio delle professioni regolamentate nel singolo Paese comunitario, conformemente al proprio ordinamento giuridico nazionale. Ci sono paesi comunitari le cui legislazioni nazionali regolamentano le professioni mediante la figura giuridica degli enti pubblici di tipo ordinistico ed altri nei quali le professioni sono regolamentate mediante la figura giuridica dell'associazione di diritto provato. Dovendosi rivolgere tanto agli uni quanto agli altri, la direttiva ha giustamente preso in considerazione entrambe le forme giuridiche, lasciando poi al singolo Paese comunitario l'adozione di norme di attuazione conformi al diritto nazionale. Quanto affermiamo - sottolinea Sganga- risulta per altro chiarito dalla stessa direttiva 36/2005/Ce, laddove al paragrafo 2 dell'articolo 3 chiarisce inequivocabilmente che, quando cita le associazioni professionali, intende riferirsi alle sole associazioni dei Paesi anglosassoni indicate nell'allegato 1 della direttiva. Ma, del resto, come si può pensare – si chiede Sganga- che una direttiva comunitaria, finalizzata a disciplinare il riconoscimento reciproco di qualifiche professionali nell'ambito dell'Unione Europea, abbia come obiettivo quello di rendere riconoscibili in altri Paesi Ue entità che non risultano riconosciute nemmeno nel Paese di residenza?'. Nella direttiva si chiarisce che la norma 'non ha l'obiettivo di interferire nell'interesse legittimo degli Stati membri a impedire che taluni dei loro cittadini possano sottrarsi abusivamente dal diritto nazionale in materiale di professioni'. Quindi la ratio della stessa 'non era certo quella di apportare modifiche agli scenari normativi nazionali, come viceversa qualcuno ha inteso fare in sede di attuazione. Piaccia o non piaccia - ricorda Sganga- le associazioni di diritto privato non rientrano tra le professioni riconosciute dal nostro ordinamento giuridico. Prima di ipotizzare il loro riconoscimento presso altri Paesi Ue, è evidente che si dovrebbe discutere in merito all’opportunità del loro riconoscimento in Italia. Una ipotesi alla quale noi siamo assolutamente contrari, ma che, al di là di valutazioni che possono sembrare di parte, presupporrebbe comunque la modifica dell'articolo 33 della Costituzione, ai sensi del quale 'è prescritto un esame di Stato per l'ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l'abilitazione all'esercizio professionale. Per queste ragioni - conclude Sganga- il Consiglio nazionale dei Dottori commercialisti ed esperti contabili è risoluto ad attivarsi anche sul piano legale, impugnando nelle sedi opportune il decreto di attuazione della direttiva comunitaria ed il conseguente decreto interministeriale istitutivo del fantomatico elenco'.
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