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AVVOCATI IN SCIOPERO ASPETTANDO IL CONGRESSO

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di Elisa Pastore

Al via l’autunno caldo degli avvocati. Con sei giorni di sciopero, da oggi al 23 settembre, dopo i 13 già effettuati a luglio e coronati da tanto di manifestazione unitaria di tutti i professionisti, e un con  congresso nazionale che si aprirà giovedì a Roma per concludersi domenica. Una sessione all'insegna di uno slogan che promette battaglia: “Gli avvocati lottano per il loro futuro e per una giustizia più efficiente”. Nel mirino, le liberalizzazioni introdotte dal decreto Bersani che riguardano da vicino, tra le altre, anche la professione forense, introducendo novità su regime tariffario, pubblicità ed esercizio dell'attività in forma associata. Un provvedimento che presenterebbe “molteplici profili di incostituzionalità”, a detta dei pareri di illustri giuristi chiamati a esprimersi dall'Organismo unitario dell'avvocatura (Oua) e riportati in una lettera consegnata al capo dello Stato e al presidente della Camera. E a nulla sono valse le modifiche apportate al decreto 223 in sede di conversione in legge, ritenute “ben lontane da quelle richieste e attese dall'avvocatura e comunque del tutto insoddisfacenti”. Tutte ragioni spiegate a chiare lettere di fronte alla Commissione di garanzia sul diritto di sciopero, per comunicare la decisione della nuova protesta, con l'astensione dalle udienze civili, penali, amministrative e tributarie, salvo i casi previsti espressamente dal codice di autoregolamentazione degli avvocati. Ma, nella lettera di proclamazione dell'astensione dalle udienze, datata 7 settembre, l'Organismo unitario dell'avvocatura punta il dito anche contro il “moltiplicarsi di iniziative assunte o preannunciate da esponenti di rilievo dell'attuale maggioranza di governo, connotate da una marginalizzazione e uno svilimento della professione forense sempre più marcati, quali l'approvazione del cosiddetto indennizzo diretto, la ripresa del progetto delle class action, la pubblicazione della disciplina attuativa della normativa sulla conciliazione societaria, nonché le minacce all'autonomia e all'indipendenza dell'apparato previdenziale forense”. “In assenza di qualunque novità positiva da parte del governo rispetto al decreto Bersani e nella totale mancanza di dialogo, non possiamo che confermare la nostra astensione”, ha avvertito Michelina Grillo, presidente dell'Organismo unitario dell'avvocatura, in occasione della proclamazione dello sciopero. Una protesta che potrebbe unire in una sola voce la categoria. Al XXVIII congresso nazionale, in programma dal 21 al 24 settembre a Roma, al Palazzo dei  Congressi dell'Eur, infatti, per la prima volta parteciperanno tutte le associazioni forensi. Non solo. Gli avvocati hanno anche messo in cantiere una serie di iniziative, alle quali proprio il congresso dovrebbe dare il via libera, dalla richiesta di applicazione pedissequa di tutte le formalità processuali alle dimissioni dagli incarichi di magistratura onoraria. Sul banco degli imputati, e questa volta non per un'arringa difensiva, le norme introdotte dal decreto Bersani per tutelare la concorrenza nel settore dei servizi professionali. Prima fra tutte, quella che elimina le tariffe fisse e minime obbligatorie per le attività libero-professionali e intellettuali e il divieto di pattuire compensi sulla base del raggiungimento degli obiettivi perseguiti. Il provvedimento, poi, apre la via alla pubblicizzazione di titoli e specializzazioni, rimuovendo i limiti alla pubblicità commerciale sulle caratteristiche del servizio offerto e il prezzo delle prestazioni previsti nel codice deontologico forense. Decade, inoltre, il divieto di fornire servizi professionali di tipo interdisciplinare da parte di società di persone o associazioni di professionisti, fermo restando che lo stesso professionista non può partecipare a più di una società e che la specifica prestazione deve essere resa da uno o più professionisti previamente indicati, sotto la propria personale responsabilità. A chiarire come devono essere interpretate queste novità, in attesa di eventuali pronunce da parte della Corte di giustizia, è intervenuto il Consiglio nazionale forense, con un documento di osservazioni inviato dal presidente, Guido Alpa. Nel testo, si precisa che l'abolizione delle tariffe minime non esclude che le parti possano accordarsi tra loro e che, comunque, eventuali richieste di compensi inferiori al minimo tariffario risulterebbero deontologicamente non corrette. Mentre l'eventuale premio riconosciuto dal cliente per i risultati ottenuti già era previsto. Anche per quanto riguarda la pubblicità, in realtà, si ammette che per molti aspetti i contenuti del divieto rimosso erano già stati soppressi nel codice deontologico vigente. Particolare attenzione, avverte il Consiglio nazionale forense, dovrà essere prestata all'uso di Internet, dove ”come in una selvaggia prateria circolano messaggi di ogni tipo, altamente reprensibili quali l'associazione di nomi di professionisti al server, oppure l'uso di informazioni sulla legislazione e sulla giurisprudenza per farsi pubblicità”. Infine, sulle società, si spiega che “il limite di esclusività non può essere inteso nel senso che la società o l'associazione possa esercitare solo nell'ambito di un singolo settore di attività professionale, ma piuttosto nel senso che la società o l'associazione non possa esercitare un'attività diversa da quella, più generica, della prestazione di servizi professionali”.

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