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Mettere la giustizia al centro della politica

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di Fabio Fiori

Dopo un primo incontro sulla giustizia civile in Spagna, Francia, Inghilterra e Germania, l’Oua – Organismo Unitario dell’Avvocatura italiana – procedendo nel percorso di seminari di approfondimento e analisi sui problemi della giustizia in Europa, ha aperto il dialogo con avvocati e magistrati di Bulgaria, Romania, Polonia e Ungheria nel corso del seminario “Lo stato della Giustizia nei nuovi Paesi della Comunità Europea”, svoltosi lo scorso venerdì 14 marzo presso Università degli Studi Roma III. In tale occasione abbiamo intervistato l’avvocato Michelina Grillo, presidente Oua.

Domanda. Presidente, si parla dei problemi della giustizia nei Paesi nuovi membri della Comunità Europea. Quali sono le differenze con l’Italia?

Risposta. Cominciamo col riconoscere che tra il nostro  sistema giudiziario e il loro ci sono delle sostanziali differenze di carriera. Per esempio, il nostro prevede diverse figure,

dal magistrato al giudice di pace, che hanno carriere autonome mentre nei nuovi Paesi in questione esiste soltanto una figura, quella del giudice (magistrato) senza possibilità di intraprendere una carriera autonoma. La scelta di un potere giudiziario legato solo a una figura e con un numero di giudici di gran lunga  superiore al nostro, rende il sistema giudiziario  molto veloce, con pratiche processuali e modelli di procedure più snelli dei nostri: questo rende il  loro sistema equilibrato, soprattutto nel rapporto tra il numero dei magistrati e quello della popolazione. Il vantaggio è quello di riuscire a smaltire le cause in tempi molto brevi e, a differenza di quanto succede in Italia, non si riscontrano arretrati o ricorsi lunghi di anni. Quindi, grazie al notevole numero di magistrati, il loro organico sembra essere più corretto ed equilibrato del nostro. Inoltre, c’è da considerare un altro fattore importante che è rappresentato dai costi molto contenuti – a volte pari a zero -  a carico del cittadino  che deve affrontare una causa. Tanto per dare un’idea, credo che per una causa di divorzio da loro si spende l’equivalente di dieci euro, mentre la media per le

altre cause si aggira intorno ai 2,50 euro…  Comunque, pur tenendo conto dei diversi tenori di vita, i loro costi processuali sono di gran lunga più bassi dei nostri. 

D. L’Oua ha più volte ribadito la necessità che la giustizia abbia un ruolo centrale nei programmi di tutti i schieramenti politici e che ci sia collaborazione tra maggioranza e opposizione. Come pensa che si possa ottenere?

R. Credo che la nostra classe politica, attraverso i grandi processi mediatici che ultimamente rimbalzano sempre più spesso nelle cronache italiane, si possa rendere conto del sistema giudiziario del nostro Paese. E dovrebbe cercare di prenderne atto per risolvere un problema grave come quello della giustizia aprendo un tavolo di lavoro. Infatti, per affrontare seriamente il problema è necessario mettere in discussione le carenze del settore, creare una “Costituente per la giustizia” che si faccia carico di tutte le diverse problematiche nell’ottica realistica di poterle risolvere, cercando di recepire e di applicare le riforme  innovative che vengono richieste non solo dai cittadini italiani, ma  anche dalla Ue. In tal senso, ci auspichiamo proposte concrete da parte degli schieramenti  politici e, soprattutto, che ci sia collaborazione tra maggioranza e opposizione in modo da garantire un iter breve per interventi che appaiono a tutti assolutamente urgenti perché bisogna intervenire subito sulla questione sicurezza, senza peraltro comprimere le garanzie e il diritto di difesa del cittadino e rendere efficiente la macchina giudiziaria con la creazione di   veri e propri manager dei tribunali, potenziando il ruolo dei dirigenti amministrativi. Non solo, è necessario intervenire sul processo civile e sulla magistratura onoraria e varare,

finalmente, una moderna riforma della professione forense. L’aspetto che più ci preoccupa.

D. Vuole spiegarci la sua preoccupazione?

R. Quello che più preoccupa nella riforma della professione forense è il silenzio della classe dirigente dei partiti.  Mi spiego: siamo in campagna elettorale e nei programmi dei vari schieramenti non viene fatto alcun riferimento alle professioni intellettuali mentre credo che la loro tutela interessi tutti gli elettori. In questi giorni si parla tanto di nuovo, sembra che la parola cambiamento sia la priorità assoluta: perché, quindi, non approfondire e risolvere le attuali problematiche delle professioni intellettuali che possono rappresentare un futuro per i giovani neolaureati, specialmente nel nostro settore.

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