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Decreto Bersani. La fiducia per non rischiare

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Di Elisa Pastore

Il Governo non vuole correre rischi e pone la fiducia sul decreto Bersani. “Con 600 emendamenti la fiducia è inevitabile…. Prodi non ha ormai nessun dubbio: se si vuole portare a casa prima dell’estate il decreto  Bersani, alla Camera non c’è altra scelta che quella di mettere la fiducia. Eppure fino a questa mattina il governo era fiducioso: “Si decide oggi pomeriggio, valutando emendamenti ed ostruzionismo”, aveva detto ai giornalisti Bersani, aggiungendo “ma noi ancora speriamo…” L’opposizione, ferma nelle considerazioni, tiene duro: “Non mi piace un decreto, ha detto Giulio Tremonti (FI), che contiene il 5% di liberalizzazioni e il 95% di vessazioni. Le liberalizzazioni sono la cosa giusta fatta nel modo sbagliato. Vedi i taxi: è un problema che si risolve su base locale; non è certo un  caso che la soluzione l’abbia trovata Veltroni”. Sulle liberalizzazioni, gli ha risposto lo stesso Bersani,  “siamo stati accusati da alcuni di essere troppo timidi, da altri di esser stati eccessivi, forse siamo stati un po’ bruschi ma non improvvisati”. A chi ci ha definito timidi dico che ci faremo più coraggio la prossima volta, a chi ci dice che siamo stati eccessivi vorrei suggerire invece un esame attento delle colossali inadempienze del nostro Paese''. “Un governo, ha sottolineato il ministro,  deve fare le riforme, deve intervenire. In questo Paese è difficile cambiare, è difficile riformare. Ma le riforme vanno fatte. Il governo non deve cedere ma non deve neanche vincere”. Bersani ha contestato che il decreto “sia liberal vessatorio, a doppia faccia , come ha detto qualcuno. La lotta all'evasione è la lotta contro la massima distorsione della concorrenza, una lotta in nome dell'equità e della civilizzazione del mercato". Il ministro ha ricordato che le associazioni d'impresa "all'unanimità" hanno chiesto al governo "di inserire tra le priorità il contrasto all'evasione, ma per farlo seriamente servono strumenti. Vogliamo le basi per svolgere indagini giudiziarie senza dover girare a mosca cieca tra gli istituti bancari. Questi sono meccanismi in uso in tutti i Paesi  occidentali". Poi una puntualizzazione: il decreto, ha detto Bersani,  "cerca di risolvere i problemi maggiormente evidenti, di aprire nuove opportunità per i giovani, ma non ha impostato riforme vere e proprie, semmai le sollecita. Fare le riforme spetta al Parlamento". Tuttavia c’è  "un senso di fondo: rianimare l'economia", partendo "dalle cose che non costano, cioè il cambiamento delle regole di mercato, e senza dimenticare quelle che costano".  Bersani ha risposto anche alle critiche sulla metodologia usata, ovvero l’uso del decreto: "riconoscono che le regole vanno discusse, anche se non concordate, ma in molti casi si discute di questi temi da almeno 5-6 anni, e posso documentarlo, la discussione dunque non mancava, mancava la decisione".  Ma Tremonti non molla: ''La sinistra italiana – ha detto l'ex ministro dell'Economia - ha mostrato di essere in grave ritardo rispetto all'evoluzione del sistema economico e ai nuovi scenari internazionali. Ha avuto un progressivo declino”. La sua classe dirigente, osserva, “non è adeguata a misurarsi con i problemi che abbiamo di fronte”. ''Noi siamo riformisti e in 5 anni di governo le riforme ci siamo impegnati a farle e le abbiamo fatte. Abbiamo il terzo debito del mondo, ma non siamo la terza economia del mondo. Aver saputo tenere testa a questa situazione per un'intera legislatura va considerato un successo. Ed abbiamo tenuto grazie a riforme strutturali. La legge fallimentare, sta funzionando ed è una riforma di mercato”.  “Se l'avessimo fatta come Bersani vuole fare le liberalizzazioni – sottolinea Tremonti - avremmo dovuto confrontarci con tutte le categorie e l'avremmo progressivamente stravolta. La stessa riforma del risparmio, che abbiamo approvato pur con qualche difficoltà, si è anche dimostrata una buona riforma. Questo governo il metodo non sa cosa sia. Vive di slogan e procede alla bersagliera, noi abbiamo dimostrato maggiore serietà”.  “Abbiamo il dovere, gli ha fatto notare Bersani, di dare un messaggio ai giovani, altrimenti come si costruisce il futuro? Perché i giovani sono sempre stati senza voce nelle categorie interessate dal decreto?  Oggi la rappresentanza, anche quella sindacale, è complicata perché la realtà è più variegata: ci sono giovani che spingono per l'ingresso nel mondo del lavoro e altri che frenano, che vogliono solo difendere quello che c'è”, e secondo Bersani spesso i sindacati e i rappresentanti di categoria “sono sulle posizioni più difensive e sostengono solo quelle - ma, avverte il ministro - così si perde il ruolo, la rappresentanza, bisogna anche lavorare sulla parte più dinamica”. Con la fiducia alla Camera, che si voterà domani termina il primo round della manovra, a settembre il secondo, più difficile e sicuramente più insidioso. Bersani lo sa, e forse per questo ha subito rassicurato Montezemolo insospettito da certi segnali recepiti. “Valeva la pena che nell'intervista ricordasse - ha detto Bersani - che a proposito di tasse in più, la norma su Irap-sanità è prevista dall'ultima Finanziaria del centrodestra, noi l'abbiamo lasciata così com'è. Quanto alla mia timidezza sulle liberalizzazioni prometto di essere più coraggioso la prossima volta. Credo che in questi due mesi l'Italia abbia percepito che il governo non è stato con le mani in mano né in politica economica né in politica estera. Credo lo abbia percepito anche Montezemolo ma un pò di pretattica in vista della Finanziaria è sempre consentita”.    

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