Gli ingegneri ai politici: difendiamo il lavoro intellettuale
di Luigi Berliri
Il consiglio nazionale degli ingegneri, organo rappresentante della professione, convocherà nei prossimi giorni le assise della categoria in vista della riforma delle professioni ma anche per parlare di concorrenza, di formazione e di sicurezza dei cittadini. ''Ci sta molto scomodo e inaccettabile l'etichetta di conservatori, proprio noi che viviamo di innovazione e di tecnologie'' afferma il presidente del Cni (Consiglio nazionale degli ingegneri) Paolo Stefanelli che tuttavia ammette un deficit di ''attitudine a gestire i rapporti'' con le istituzioni e anche con i cittadini. Gli ingegneri non hanno paura delle liberalizzazioni. L'ingegneria, come l'avvocatura, la medicina e la farmacia sono state fra prime professioni liberali. ''Il problema vero - avverte Stefanelli - non è la sopravvivenza degli ordini ma è messa in discussione l'attività intellettuale stessa a tutti i livelli''. ''Le professioni - rilancia Giampaolo Prandstraller ordinario di sociologia nella facoltà di scienze politiche dell'Università di Bologna - soffrono di un problema di rappresentanza degli interessi in Italia. Schiacciati come sono fra i due grandi blocchi sociali: da un lato gli imprenditori rappresentati da Confindustria dall'altro il lavoro dipendente e per lo più manuale rappresentato dai grandi sindacati. Il sistema è così asfittico stretto fra questi due monoliti''. Manca dunque in Italia un'adeguata rappresentanza del lavoro intellettuale. ''Un deficit - sottolinea il presidente Stefanelli - che fa colmato soprattutto perché si continua ad ignorare che sono le professioni intellettuali che fanno l'innovazione e la crociata contro di esse è assurda. La nostra - conclude Stefanelli - è una professione apertissima, non abbiamo numeri chiusi, l'unico sbarramento è il livello di conoscenza che per un ingegnere italiano è più alta della media mondiale''.