Da Cdm via libera con polemiche al ddl di riforma dell’ordinamento giudiziario
di Luigi Berliri
Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al disegno di legge, presentato dal Guardasigilli, Clemente Mastella, che modifica la riforma dell'ordinamento giudiziario. Nella riforma dell'ordinamento giudiziario approvata dal governo non figura la separazione delle carriere dei magistrati. La riforma prevede la distinzione delle funzioni tra pm e giudici ma non la separazione delle carriere che, come ha detto Mastella, “non è prevista nel programma del governo che io ho sottoscritto”. Non si limita a una semplice bocciatura la presa di posizione delle Camere Penali che hanno deciso tre giorni di sciopero dal 21 al 23 marzo e una manifestazione nazionale che si terrà a Roma il primo giorno di mobilitazione. “Nonostante l'ampia e incisiva attività svolta nei mesi scorsi dall'Ucpi – hanno sottolineato Oreste Dominioni e Renato Borzone, presidente e segretario delle Camere penali italiane - la politica della giustizia, dopo la crisi di governo, continua ad evolversi in modo gravemente negativo e nel senso di un'evidente involuzione dell'ordinamento. È ancora chiarissima la posizione di condizionamento dominante esercitata dall'Anm e subita dalla politica". Un punto centrale della delibera dell'Ucpi con cui si indice il prossimo "sciopero delle toghe" è rappresentato dal "fermo respingimento delle proposte di interventi urgenti sul codice di procedura penale di preannunziata imminente presentazione e contrabbandate dal ministero della Giustizia come misure intese a velocizzare i processi penali". Piuttosto, secondo i penalisti, queste "ne complicano i meccanismi, riducendo le garanzie dell'imputato e dequalificando il processo come strumento di accertamento del fatto, senza contare che in questo modo viene scardinata la struttura del processo di parti". Per l'Unione della Camere penali, inoltre, è "mistificante l'imputazione al rispetto delle garanzie per l'imputato dell'irragionevole durata dei processi legata piuttosto alle inefficienze della macchina giudiziaria": altrettanto "grave", quindi, secondo gli avvocati, "appare il generalizzato ricorso all'incidente probatorio, prova dello spirito restauratore che anima il progetto ministeriale". I penalisti, poi, sottolineando "la carica involutiva del provvedimento", segnalano come "la disciplina dell'impedimento del difensore tocchi il punto più basso quando ritiene che l'impedimento non debba valere nella fase di formazione dibattimentale della prova" e quindi rilevano anche "il declassamento della disciplina delle eccezioni a questione burocratica". Non dimenticano, poi, di ricordare il recente caso della circolare Maddalena, "utile a comprendere – spiega l'Ucpi - la modifica istituzionale dei rapporti tra politica e potere giudiziario che va contrastato per tutelare la legalità del sistema. Tutte queste situazioni – hanno concluso le Camere penali, - concorrono a disegnare un quadro fosco di restaurazione, a mettere gravemente in pericolo gli elementari principi del giusto processo, ad attentare alla struttura accusatoria dello stesso, a tentare di normalizzare l'avvocatura penale attraverso la limitazione dei diritto di astensione". Non ha parole Michelina Grillo, presidente dell’Oua. “Meglio non parlare – ha detto a MP - la settimana prossima riunirò il direttivo e approveremo un documento di critica e proposta”. Il presidente dei Giovani Avvocati (Aiga) Walter Militi criticando, in particolare, la possibilità del passaggio di funzioni tra magistrati requirenti e magistrati giudicanti ha definito il provvedimento . “l'ennesimo provvedimento magistrato-centrico che taglia del tutto fuori l'Avvocatura istituzionale e associata. Il disegno di legge approvato dal Cdm costituisce un chiaro esempio di restaurazione del preesistente assetto dell' ordine. Una netta differenziazione - secondo Militi - assicurerebbe, invece, l'imparzialità e la terzietà dei magistrati, la parità tra pubblica accusa e difesa e contribuirebbe a migliorare la qualità e l efficienza dell’amministrazione della Giustizia. Fino a quando il legislatore farà finta di ignorare che il principio costituzionalmente garantito della terzietà del giudice è irrimediabilmente compromesso dalla interscambiabilità tra magistratura requirente e giudicante, assisteremo impotenti alla negazione del giusto processo”. Critiche anche dai partiti della maggioranza. Bocciatura senza appello dalla Rosa nel Pugno che ha deciso di presentare una proposta di legge costituzionale per separare ''una volta per tutte'' le carriere di giudici e Pm. ''L'Italia su questo punto – ha spiegato il leader dello Sdi, Enrico Boselli - è fuori dall'Europa. È l'unico paese dell'Europa occidentale, - ha aggiunto - a non prevedere una separazione delle carriere per magistratura giudicante e inquirente. È un passo indietro rispetto all'accordo raggiunto nell'Unione – ha proseguito - ed è per questo che noi della Rosa nel pugno non lo sosterremo. Contraddice tutta la discussione che c'è stata in questi anni sul tema. Ed è stato un errore – ha concluso Boselli - il modo e le forme in cui è stato presentato''. A sparare a zero contro Mastella anche il ministro per le Politiche Comunitarie, Emma Bonino che, in Consiglio dei ministri, ha votato contro il ddl Mastella di riforma dell'ordinamento giudiziario, sostenendo la separazione delle funzioni dei magistrati. “Avevo cercato fin dall'inizio, con una lettera del 20 febbraio, di contestare questo disegno di legge – ha spiegato - capisco perfettamente il programma dell'Unione, che non prevede la separazione delle carriere ma una separazione rigorosa delle funzioni, anche se per la verità a me pare che non ci sia nemmeno la separazione delle funzioni; ma è chiaro che noi radicali, socialisti, noi Rosa nel pugno, abbiamo una posizione completamente diversa, abbiamo fatto dei referendum su questi temi, e la battaglia sulla giustizia, sullo stato di diritto, è una delle cose qualificanti della nostra storia politica”. Per Giulia Bongiorno, responsabile Giustizia di Alleanza Nazionale, “è una riforma gattopardesca che fa finta di cambiare, e invece non cambia assolutamente nulla. Mentre la riforma Castelli apriva spiragli alla separazione delle funzioni - sottolinea l'esponente di An – con questa riforma si torna alla preistoria del diritto. Siamo alla solita logica di Mastella di fare modifiche che non servono a nulla. È una logica gattopardesca - conclude Bongiorno – che abbiamo notato anche in occasione dell'indulto".
a) Nuovi concorsi e
procedura per diventare giudici. Gli interventi specifici Modifica del
decreto legislativo 5 aprile 2006 n. 160 in materia di accesso alla
magistratura: Gli interventi sono stati finalizzati a superare gli
inconvenienti legati alla eccessiva lunghezza delle procedure concorsuali, rallentate
dall`elevato numero dei partecipanti, e dalla scarsa adeguatezza di prove
scritte di taglio prevalentemente teorico, per cui è stata introdotta anche una
prova di carattere pratico. Si è ritenuto, fra l’altro, importante potenziare
la commissione d’esame per ridurre i tempi delle procedure concorsuali. Si è
configurata una tipologia di accesso strutturata in gran parte sulla falsariga
di un concorso di secondo grado.
b) La progressione di
carriera dei magistrati. Vengono introdotte modifiche anche sul fronte
della disciplina in materia di carriera e di conseguenti valutazioni di professionalità.
Si è partiti dalla constatazione che il sistema di valutazioni della
professionalità anteriore alla legge 150/2005, deve essere considerato non più
adeguato, e quindi da riformare, per due prevalenti ragioni: a) la
professionalità del magistrato non può più essere affermata per presunzioni e
solo in occasione dei passaggi di qualifica troppo distanziati o di incarichi
specifici; il meccanismo è insufficiente ad attuare un reale vaglio delle
specifiche capacità, delle doti e delle attitudini richieste per l`esercizio
delle diverse funzioni che possono essere svolte nell’arco della sua vita
professionale. Si è dunque prefigurata una nuova struttura delle valutazioni,
con verifiche ogni quattro anni. Si è sganciata la progressione economica da
quella delle funzioni (prevedendo una progressione economica condizionata
esclusivamente dal superamento delle valutazioni di professionalità) perché
solo in questo modo si può stimolare la permanenza di magistrati esperti e
specializzati nelle funzioni di primo grado. È stata conservata la possibilità
di transitare da funzioni requirenti a quelle giudicanti e viceversa prevedendo
che il cambio di funzioni è possibile solo mutando distretto ed è subordinato
ad una reale verifica delle attitudini. Le funzioni di legittimità saranno
conferite non solo in base al criterio di anzianità, bensì mediante l`accertata
sussistenza di specifiche attitudini ad esercitarle. Sono stati, infine,
previsti interventi in caso di riscontrata inadeguatezza professionale del
magistrato valutato, modulati in modo differenziato, con ripercussioni, nelle
ipotesi più gravi, anche sulla progressione economica. In modo analogo si è
prevista una procedura urgente da attivare in caso di revoca dei dirigenti che
si rilevano inadeguati.
c) La scuola superiore della
magistratura. È stato poi ritenuto necessario un intervento innovativo
sulla Scuola Superiore della Magistratura. Il decreto legislativo 30 gennaio
2006, n. 26, ha istituito una struttura stabile incaricata di occuparsi in
maniera continuativa delle esigenze formative e di aggiornamento per il
personale di magistratura. È una scelta che si condivide, ma le modalità di realizzazione
non appaiono adeguate al raggiungimento di questi obiettivi, anche perché alla
scuola sono stati attribuiti funzioni e compiti anche di carattere valutativo,
in relazione alla partecipazione dei magistrati 4 ai corsi di aggiornamento,
che rischiano di snaturare l`attività della formazione. L’attività della Scuola
è stata ricollocata nell’ambito della formazione iniziale, complementare e
permanente e di quella di riconversione, a seguito del passaggio dalla funzione
requirente a quella giudicante, e viceversa. È stata prevista una ubicazione
decentrata, in tre sedi, nord, centro e sud, ove verranno svolte le attività di
formazione. È maturata una opzione verso l’obbligatorietà della formazione; il
disegno prevede che tutti i magistrati frequentino almeno un corso di
formazione ogni quattro anni.
d) I consigli giudiziari e il
consiglio direttivo in cassazione. Sono
state apportate modifiche anche al sistema dell’autogoverno della magistratura,
sistema nel quale sono ormai strutturalmente inseriti i Consigli giudiziari e
il Consiglio direttivo della Corte di Cassazione. Il decreto legislativo 27
gennaio 2006, n. 25, è stato così modificato nella parte che riguarda la composizione
dello stesso Consiglio superiore della magistratura. Quanto ai Consigli
giudiziari e al Consiglio direttivo presso la Corte di Cassazione si è ritenuto
di operare su questi fronti: il sistema elettorale; la semplificazione delle
procedure di funzionamento attraverso l’eliminazione della qualità di collegi perfetti,
con la consequenziale eliminazione della figura dei supplenti; l’aumento del 5
numero dei componenti; la possibilità di deliberare a maggioranza dei presenti
computando anche i membri di diritto; l’introduzione di una percentuale analoga
a quella prevista per il C.S.M. nel rapporto laici - togati (2/3 - 1/3), per
tutte le tipologie di composizione dei Consigli giudiziari pur numericamente
diverse in relazione alla dimensione dei distretti.
e) La riforma dei
giudici pace. È stata
configurata un’apposita sezione del Consiglio giudiziario preposta alla
trattazione dei pareri e dei provvedimenti organizzativi concernenti i giudici
di pace e gli uffici dei giudici di pace. Sono stati individuati nuovi criteri
di formulazione dei pareri. È stata, tra l’altro, espressamente prevista l’acquisizione
di motivate e dettagliate indicazioni oggettive del Consiglio dell’Ordine degli
Avvocati. Interventi sostanzialmente analoghi sono stati previsti per il Consiglio
direttivo presso la Corte di Cassazione.
f) Le novità per il csm. Si
è poi intervenuti sulla legge istitutiva del Consiglio superiore della
magistratura ricostituendo il numero dei componenti eletti in trenta unità,
venti togati e dieci laici, secondo le proporzioni esistenti anteriormente alla
data di entrata in vigore della legge 28 marzo 2002, e si è ridisciplinata la
composizione della Segreteria e dell’Ufficio studi del Csm prevedendo che il Csm
continui ad avvalersi dell’opera di magistrati per la Segreteria e l’Ufficio
studi. L’esigenza di procedere all’aumento del numero dei componenti è stata
confermata dalla disfunzionalità delle modalità con le quali 6 era stata
determinata la composizione della sezione disciplinare con particolare riguardo
all’individuazione dei membri supplenti a seguito del meccanismo delle
incompatibilità; si sono poi considerate le nuove attribuzioni che dovrà
espletare il Csm in relazione alle valutazioni di professionalità quadriennali.
g) Revisione funzioni e
compiti capi degli uffici giudiziari. L’intervento sul decreto legislativo
25 luglio 2006 n. 240 sull’individuazione delle competenze dei magistrati capi
e dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari nonché sul decentramento
su base regionale di talune competenze del Ministro della giustizia, nasce dall’esigenza
di precisare, con maggiore attenzione, i compiti e le funzioni attribuiti,
rispettivamente, al capo dell’ufficio giudiziario e al dirigente amministrativo
presso il medesimo ufficio. Particolare importanza ha la fissazione del termine
del 30 giugno di ciascun anno entro il quale i titolari degli uffici giudiziari
dovranno elaborare, d’intesa con il dirigente preposto all’ufficio delle
cancellerie e delle segreterie giudiziarie, il programma delle attività annuali
che consentirà al Ministro di quantificare preventivamente gli oneri finanziari
relativi agli stanziamenti necessari per ciascun ufficio giudiziario, nell’anno
di riferimento della legge finanziaria in corso di approvazione.
h) La delega al governo per
riforma ordinamento militare. Il Governo è delegato altresì ad adottare,
infine, entro otto mesi dall’entrata in vigore della presente legge, anche uno
o più decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni vigenti in
materia di ordinamento giudiziario militare.