Mercoledì farmacie chiuse
Luigi Berliri
È fallito l’incontro al ministero
dello Sviluppo Economico tra governo e farmacisti sulla liberalizzazione
prevista dal decreto Bersani. Il ministro, che non era presente alla riunione,
avrebbe chiesto al sottosegretario Paolo Giaretta di mantenere una posizione
rigida. I farmacisti pertanto terranno le serrande abbassate mercoledì 26
luglio nonostante i richiami della commissione di garanzia. “Il ministro c i
prende per i fondelli – ha detto il segretario nazionale di Federfarma Franco
Caprino – è stato un viaggio inutile, il ministro Bersani non c'era e c'è stata
una chiusura totale da parte del sottosegretario al ministero per lo Sviluppo
economico. Quindi siamo fermi alle indicazioni uscite venerdì prossimo e mercoledì
26 le farmacie di Fedefarma saranno abbassate per tutta la giornata, mantenendo
comunque il minimo di presidio, cioè rimarranno aperte su tutto il territorio
nazionale le 1500 farmacie di turno. Mercoledì abbiamo anche indetto un'assemblea
straordinaria per ulteriori forme di protesta”, ha aggiunto il rappresentante
dei farmacisti. I farmacisti proseguono dunque la linea dura intrapresa con la
serrata del 19 luglio. Nonostante il monito della commissione di garanzia che
ha giudicato lo sciopero del 26 luglio irregolare per il mancato rispetto del preavviso.
“Andremo avanti lo stesso con le nostre proteste – ha aggiunto Caprino - perché non si tratta di un provvedimento che
va in favore dei cittadini ma dei grandi capitali”. Federfarma ha anche lamentato
che le loro ragioni non “siano state raccolte dal ministro per lo Sviluppo
economico in persona ma da un sottosegretario”, come indice di scarso interesse
per le loro istanze. “Non vorremmo - ha rincarato Caprino - che le concessioni
che Bersani ha fatto ai tassisti lo inducessero a tenere una linea dura nei
confronti delle altre categorie”. Giaretta ha confermato che “le posizioni tra
il governo e Federfarma restano divergenti. Il nostro obiettivo infatti rimane
quello di una maggior concorrenza per abbassare i prezzi finali per il
cittadino”. Il sottosegretario allo Sviluppo economico ha quindi ribadito che “il
testo uscito dalla commissione Bilancio resta quello di riferimento del governo”.
E, in questo contesto, ha chiarito Giaretta “la presenza del farmacista deputato
alla vendita di otc e sop nei supermercati è un elemento di garanzia per la
salute pubblica”. Dopo l'apertura nei confronti dei tassisti erano stati
proprio i farmacisti a sperare che il governo accogliesse le loro richieste,
ritornando su alcune delle decisioni prese con il pacchetto Bersani sulle liberalizzazioni.
La strada è però sempre più in salita. Il pacchetto di norme sulla competitività
è in discussione oggi al Senato, dopo essere stato emendato in commissione
Bilancio di Palazzo Madama. La settimana scorsa sono arrivate alcune modifica
al provvedimento che consente la vendita dei farmaci da banco nei supermercati,
ma non nella direzione auspicata dall'Associazione che riunisce i titolari di
farmacia che martedì scorso ha incrociato le braccia (fatta eccezione per le
farmacie di turno). Un emendamento del governo al testo firmato da Bersani ha
infatti previsto che un laureato iscritto all'ordine dovrà essere presente
nelle aree adibite alla vendita nella grande distribuzione. La modifica al decreto sulle liberalizzazioni incide su
quella parte del testo che prevedeva solo l'assistenza del farmacista nelle aree
appositamente adibite alla vendita delle specialità da banco, introducendo
l'obbligo della presenza e dell'assistenza diretta al cliente. Le proposte del
governo, tuttavia, non sono in linea con le richieste di Federfarma che si è già
dichiarata disponibile ad accettare la vendita negli esercizi commerciali dei
farmaci da automedicazione, purché certificati dall'Agenzia del farmaco, e
acquistabili senza il filtro del farmacista, come avviene nei Paesi europei
dove il farmaco da banco viene commerciato fuori farmacia. In questo contesto
l'Italia costituirebbe infatti un unicum tra i paesi che hanno aperto alla
vendita nei supermercati. Anche perché solo i grandi centri potranno permettersi
la presenza di un farmacista. “Si tratta, in tal senso – ha concluso Caprino - di
una finta liberalizzazione. Ma anche su questo punto il governo non ci ha
voluto ascoltare”.