Professionisti in piazza contro Bersani
Luigi Berliri
Il Comitato unitario degli ordini e dei collegi
professionali (Cup) invita tutti i professionisti a scendere in piazza il 21
luglio per «salvaguardare l'autonomia e la specificità delle professioni
intellettuali e il ruolo del professionista quale risorsa primaria del Paese». Il
Cup esorta il mondo delle professioni a partecipare «alle manifestazioni
indette su tutto il territorio nazionale dalle organizzazioni professionali per
sostenere l'emendamento presentato dallo stesso Cup alle commissioni parlamentari
e ai tecnici del ministero dello Sviluppo economico» al pacchetto Bersani sulle
liberalizzazioni. Il Cup fa notare che «altre misure del decreto legge sono
state oggetto di concertazione con gli operatori interessati e che la scelta
del Governo di escludere qualsiasi confronto sul merito delle misure viene a
configurarsi in ingiustificato pregiudizio alle professioni rappresentate nel
Cup». Mentre ribadisce che le misure varate dal governo «ben lungi dal favorire
i cittadini-consumatori creano una grave distorsione del mercato e una
irreparabile lesione dei valori dell'attività professionali e degli interessi
coinvolti». I ragionieri e i dottori commercialisti, da parte loro, hanno
proclamato lo stato di agitazione permanente e indetto una assemblea generale
dei propri delegati a Roma il 28 luglio per manifestare di fronte a Palazzo
Chigi contro le norme della manovra bis che contiene il pacchetto Bersani sulle
liberalizzazioni. La decisione, si
legge in una nota, è stata presa dalle associazioni sindacali di categoria
(Adc, Andoc, Snrc, Unagraco, Ungdc) con consenso «unanime, nell'interesse dei
contribuenti e dei propri iscritti». Nel
documento i Consigli Nazionali dei Dottori Commercialisti e dei Ragionieri,
affermano di «condividono da sempre ogni sforzo volto a liberare da vincoli e da gravami inutili attività che non
giustificano limitazioni, avendo da sé autoregolamentato, e non certo da oggi, sia la pubblicità informativa che la
possibilità di deroga ai minimi tariffari». Ma pur dichiarandosi «favorevoli a
una riforma delle professioni intellettuali, rispettosa delle esigenze del
mercato», questa deve però maturare «in un contesto coordinato e concertato,
affidata al dicastero competente, senza inorganiche e parziali anticipazioni». Non
solo, secondo ragionieri e commercialisti «nessun contributo realmente
liberalizzatore ed incisivo del recupero della competitività è contenuto nelle
disposizioni fiscali del decreto che, esattamente al contrario delle asserite
finalità, comporterebbero, se non modificate in sede di conversione in legge,
nuovi gravosi adempimenti largamente inutili con sicuri costi aggiuntivi per le
imprese ed i contribuenti in genere». Inoltre, si lamenta «una visione
inaccettabile della funzione professionale, in ambito fiscale, sempre più
orientata a sopperire alle carenze
della pubblica amministrazione, con un appesantimento
delle responsabilità che peraltro non trova riscontro in adeguati corrispettivi».
Le due categorie evidenziano, infine, «il
profondo stato di disagio che emerge dagli oltre 100 mila commercialisti che compongono
le categorie che si avviano al processo di unificazione che li ha portati ad
essere protagonisti dell'unica reale riforma del comparto professionale degli
ultimi decenni».