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Avvocati: per i principi del foro tanti i siti degli studi legali

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di Luigi Berliri

I principi del foro non sembrano granché attratti dalla possibilità di farsi promozione in rete, dopo l'entrata in vigore del decreto Bersani, che dal 1 gennaio dà la possibilità agli iscritti all'ordine forense di adoperare gli strumenti del marketing per trovare nuovi clienti. Una risorsa che non trova - almeno per ora - grande accoglienza tra civilisti e penalisti. Perché se è vero che ricercando studio legale in Google, il colosso di Mountain View, trova ben 1.860.000 record con le parole indicate. Ma a un primo sguardo si capisce subito che si tratta di vetrine - biglietti da visita virtuali - che i vari studi e avvocati hanno messo on line già da tempo e che in realtà più che di servizio, con indicazione di tariffe e prestazioni, sono una sorta di pagine gialle del web, dove si trovano indirizzi, telefoni e poco più. Secondo la agenzia Adnkronos, lo stesso si ottiene digitando avvocati con un mare magnum di info poco utilizzabili. Con qualche eccezione costituita da alcuni portali di categoria (ordini degli avvocati, e soprattutto il Cnf, Consiglio Nazionale Forense) e di servizio (avvocati.it e Lex on Web, sito che offre consulenze on line). Quest'ultimo in particolare permette all'utente di richiedere servizi direttamente in rete: attraverso una pagina internet con un form dedicato si può avere la possibilità di un avvocato virtuale (con risposta telefonica o scritta mail ma anche a mezzo fax o posta tradizionale). Un servizio che darà risposta a svariati quesiti: dal recupero crediti, a questioni del diritto del lavoro, a quello commerciale e fallimentare, a quello assicurativo. Ma anche a questioni concernenti i diritti dei consumatori, la responsabilità civile e le locazioni. Per finire con la separazione personale dei coniugi e divorzio. Il tutto previa accettazione di un preventivo che viene elaborato entro due giorni dalla richiesta dal portale. E in caso di accettazione l'onorario potrà essere bonificato sempre via web con carte di credito o addirittura utilizzando Paypal, la più diffusa piattaforma di pagamenti on line. Altro aspetto che non sembra trovare per ora grande accoglienza nella rete la liberalizzazione tariffaria dell'ordine forense. Ci si poteva attendere una nuova campagna da parte degli avvocati basata su spot, claim e prezzi stracciati. Ma così non è: quasi nessuno dei siti dei professionisti del settore presenta infatti il listino dei prezzi, che l'avvocato richiede per la sua prestazione. Sullo stallo attuale sembra incidere il fatto che, nonostante il decreto Bersani preveda l'abolizione dei minimi tabellari dell'ordine forense (in vigore dal 2004), in molti preferiscono aspettare a mettere on line i nuovi prezzi. Anche perché la giurisprudenza in materia, a livello europeo, potrebbe far pensare alla legittimità di utilizzare ancora le tariffe minime. Lasciando intendere che anche mantenendole, si possano garantire concorrenza e libero mercato. Sulla questione della pubblicità on line e sulla liberalizzazione delle tariffe Ign, testata on line del gruppo Adnkronos ha chiesto un parere a due noti avvocati, Giulia Bongiorno e Alfredo Galasso e a un pubblicitario, Oliviero Toscani. La Bongiorno, deputata di An, già avvocato difensore di Giulio Andreotti è cauta sulla questione: ''Farsi pubblicità va bene. A patto che non sia fantasiosa ed ingannevole. C'è il rischio di indurre i potenziali clienti in errore, perché il nostro mestiere prevede una sorta di attività invisibile, difficile da controllare da parte del cliente. Io - spiega la Bongiorno - da parte mia ritengo che comunque il migliore spot per il proprio lavoro è quello che deriva dal passaparola che i tuoi stessi colleghi di lavoro, avvocati e magistrati, fanno ogni giorno, quanto ti vedono nelle aule di tribunale. In questo modo ti crei la possibilità di allargarti la clientela. E comunque ripeto: non sono contraria alla pubblicità anche per il nostro settore, l'unica cosa è che il Consiglio dell'Ordine possa monitorare, intervenendo nei casi in cui ci sia qualcuno che faccia uso di pubblicità non veritiera''. E lei avvocato utilizzerà la rete per farsi pubblicità? ''Non lo so - risponde la penalista siciliana -. Fino ad ora non ho mai pensato di utilizzare internet per promuovere il mio lavoro''. Di parere opposto invece Alfredo Galasso, professore di Diritto civile a Palermo e già pm al maxiprocesso contro la mafia: ''Penso che anche la possibilità di farsi pubblicità possa servire a rendere più moderno l'esercizio della professione. Non credo - sottolinea - che però si debba arrivare ai paradossi newyorkesi dove nella metro troviamo cartelloni pubblicitari degli studi legali e dei loro servizi, ma farsi conoscere con la pubblicità può servire in un Paese come l'Italia dove sono 150 mila gli avvocati. E solo a Roma ce ne sono più che in Germania''. Sul controllo di eventuali pubblicità ingannevoli poi “è giusto che vigilerà l'Autorità per la concorrenza e il mercato'', un controllo che potrà avvenire ''nello stesso modo in cui avviene per gli altri soggetti che vengono controllati dall'Antitrust''. Sulle tariffe poi Galasso ritiene che anche in questa direzione sia positivo il decreto Bersani. ''Liberalizzarle vuol dire farla finita con le ipocrisie. Perché se da me arriva uno che non ha la possibilità di pagarmi, e in questo momento ci sono due persone che hanno questa situazione, io non le mando certo via, mentre le tariffe è giusto che siano chiare e stabilite quando si lavora per le pubbliche amministrazioni e per i soggetti pubblici''. E su internet il suo studio legale è presente? ''Stiamo allestendo - spiega l'avvocato - il nuovo sito web dello studio legale Galasso perché crediamo nei nuovi strumenti di comunicazione''. Per Oliviero Toscani nessuno stupore, ma neanche alcun entusiasmo: ''Gli avvocati si fanno pubblicità? Bene, tanto già lo fanno tutti: dal Papa al presidente del Consiglio. Ma io non voglio averci nulla a che fare, perché quella degli avvocati è una categoria che non amo particolarmente. Hanno a che fare solo con la mediocrità, perché i ricchi ci mandano i loro scagnozzi, mentre i poveri non ci possono andare. E allora - conclude - se posso dare un consiglio alla categoria per la pubblicità si rivolgano, come fanno tutti, alle agenzie di pubblicità. Ma lo ripeto, a me non interessa lavorare per loro''.
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